responsabilità revisore legale

Responsabilità dei revisori legali: al vaglio della Corte Costituzionale la legittimità del dies a quo dell’azione di responsabilità

Ordinanza n. 133 del 6 settembre 2023 il Tribunale di Milano

Con ordinanza n. 133 del 6 settembre 2023 il Tribunale di Milano solleva in quanto rilevante e non manifestamente infondata «la questione di legittimità costituzionale dell’art. 15, comma 3, decreto legislativo n. 39 del 2010, nella parte in cui prevede che il termine di prescrizione delle azioni nei confronti di revisori e società di revisione decorre dalla data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento».
La responsabilità dei revisori legali e delle società di revisione trova oggi una sua disciplina nell’art. 15 del D.Lgs. 39/2010 attuativo della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati.
La disciplina legislativa segue due direttive: la solidarietà della responsabilità per quanto riguarda i rapporti esterni e la limitazione della stessa al «contributo effettivo» per quanto riguarda i rapporti interni tra i singoli obbligati.
Il comma 1 dell’art 15 prevede: «I revisori legali e le società di revisione legale rispondono in solido tra loro e con gli amministratori nei confronti della società che ha conferito l’incarico di revisione legale, dei suoi soci e dei terzi per i danni derivanti dall’inadempimento ai loro doveri. Nei rapporti interni tra i debitori solidali, essi sono responsabili nei limiti del contributo effettivo al danno cagionato»
Il comma 2 prevede che «Il responsabile dell’incarico ed i dipendenti che hanno collaborato all’attività di revisione contabile sono responsabili, in solido tra loro, e con la società di revisione legale, per i danni conseguenti da propri inadempimenti o da fatti illeciti nei confronti della società che ha conferito l’incarico e nei confronti dei terzi danneggiati. Essi sono responsabili entro i limiti del proprio contributo effettivo al danno cagionato»
Quindi, qualora ci sia un inadempimento dei revisori essi risponderanno solidalmente tra di loro e con gli amministratori del danno cagionato. La responsabilità è prevista direttamente anche in capo alla società, qualora l’attività di revisione sia esercitata in forma societaria, ed essa è estesa al responsabile dell’incarico nonché ai dipendenti che hanno collaborato all’attività di revisione contabile.
Sulla natura della responsabilità occorre fare una differenziazione a seconda del soggetto che la intende far valere. La responsabilità dei revisori nei confronti della società è di natura contrattuale; nei confronti dei terzi, soggetti estranei alla società, assume le fisionomie della responsabilità aquiliana (1).
Tale posizione è confermata dalla giurisprudenza che in una recente pronuncia del Tribunale di Milano del 15 settembre 2023 ha affermato che «In base all’art. 15, D.Lgs. n. 39/2010, sono proponibili nei confronti dei revisori legali due tipi di azioni risarcitorie, una per inadempimento contrattuale da parte della società che ha conferito l’incarico l’altra per responsabilità extracontrattuale da parte dei soggetti non legati al revisore da contratto e rispetto ai quali nemmeno potrebbe configurarsi una responsabilità da contatto sociale qualificato».
Il comma 3 dell’art 15 del D. Lgs. 39/2010 prevede che «L’azione di risarcimento nei confronti dei responsabili ai sensi del presente articolo si prescrive nel termine di cinque anni dalla data della relazione di revisione sul bilancio d’esercizio o consolidato emessa al termine dell’attività di revisione cui si riferisce l’azione di risarcimento».
Tale previsione costituisce un’unicum per quanto concerne il panorama legislativo in materia di prescrizione di azioni societarie. Come noto in ambito societario le azioni sono soggette al termine prescrizionale breve di 5 anni e quelle nei confronti degli amministratori di cui agli articoli 2932 c.c. e seguenti non fanno eccezione.
«L’azione sociale di responsabilità, pur quando esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di cinque anni, con decorrenza dal momento in cui il danno diventa oggettivamente percepibile all’esterno, manifestandosi nella sfera patrimoniale della società; termine il cui decorso rimane, peraltro, sospeso, a norma dell’art 2941, n. 7, c.c., fino alla cessazione dell’amministratore dalla carica» Cass 24715/2015. Dello stesso tenore è la pronuncia di Cass 19061/2011 la quale afferma che, per la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale, occorre aver riguardo all’oggettiva conoscibilità della situazione di incapienza patrimoniale.
Discorso analogo vale per l’azione extracontrattuale dei terzi creditori ex art 2934 c.c.: il termine prescrizionale quinquennale decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti, con sussistenza della presunzione iuris tantum di coincidenza del dies a quo con la dichiarazione di fallimento (in tal senso Cass. 13378/2014 o Cass. 12065/2013 secondo cui vi è una «presunzione relativa che tale momento coincida con la data di dichiarazione dello stato di insolvenza della società»).
Ciò che balza all’occhio è che la prescrizione dell’azione di responsabilità decorre dal momento in cui il danno risarcibile è percepibile da parte dei creditori o di chi in generale potrebbe esercitare l’azione di responsabilità. Ciò in coerenza anche con il dato normativo di cui all’art 2935 secondo cui la prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.
Il comma 3 dell’art 15 del D. Lgs. 39/2010 fa coincidere il dies a quo della prescrizione con la relazione effettuata da parte del revisore sul bilancio relativamente al quale si esercita l’azione di responsabilità; tale norma secondo il Tribunale di Milano Tribunale Milano, Sez. spec. in materia di imprese, Sent., 09/03/2020, n. 2068 «costituisce lex specialis (di indubbio favore) che esclude l’applicabilità in via analogica delle regole dettate per l’azione di responsabilità contro gli amministratori e i sindaci con i quali pure il revisore sia chiamato “in correità”; e che ricomprende indistintamente tutte le azioni risarcitorie, di qualunque natura, esperibili ai sensi del medesimo art. 15 D.Lgs. n. 39 del 2010 contro il revisore dalla società revisionata come anche dai soci di questa e dai terzi in genere».
Il Tribunale di Milano del 15.09.2023 ha sollevato la questione di legittimità costituzionale di tale previsione sostenendo che essa prevede una differenziazione irragionevole fra la disciplina dei termini di prescrizione dell’azione contro i revisori legali rispetto alle azioni contro gli amministratori: mentre per le azioni contro gli amministratori il dies a quo è variabile a seconda della percezione dello stato di insolvenza della società quello per le azioni contro i revisori è fisso e si determina la situazione per cui il termine di prescrizione decorre a partire da un momento in cui i danneggiati manco sono a conoscenza di aver subito un pregiudizio. Il Tribunale di Milano ritiene che «anche rispetto alla responsabilità del revisore dovrebbero valere i principi affermati in diverso campo, ma analogo quanto a fenomenologia di manifestazione del danno, secondo cui la fattispecie di responsabilità civile include nesso causale e danno e, pertanto, non può darsi prescrizione senza che il danno sia conoscibile al danneggiato (citando, sul punto, Cass. Civ., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 576)» (1)
L’udienza pubblica di discussione davanti al Giudice delle Leggi si è svolta il 17 aprile 2024 e si è al momento in attesa di una decisione sul punto.

Note:
() M. De Nadai, La nuova responsabilità dei revisori legali dei conti: criticità e disarmonie normative, in Banca Impresa Società, 2011, p. 408.
() M. Andreoni e A. Stabilini, Osservatorio di giurisprudenza di merito – AZIONI DI RESPONSABILITÀ E PRESCRIZIONE, in Le Società, n. 1, 1 gennaio 2024, p. 109.


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