L’omessa pronuncia del Giudice sull’ordine di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale costituisce un errore materiale emendabile ai sensi dell’art. 287 e ss. c.p.c.
L’art. 287 c.p.c. statuisce: «le sentenze contro le quali non sia stato proposto appello e le ordinanze non revocabili possono essere corrette, su ricorso di parte, dallo stesso giudice che le ha pronunciate qualora egli sia incorso in omissioni o in errori materiali o di calcolo».
La Corte Costituzionale con Sentenza n. 335/2004 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma suddetta limitatamente alle parole «contro le quali non sia stato proposto appello» con la conseguenza che la correzione materiale può essere proposta anche nei confronti della sentenza appellata.
La norma di cui all’art. 287 c.p.c. nell’applicazione antecedente alla declaratoria di illegittimità costituzionale trova la sua ragione d’essere in un contesto normativo nel quale la proposizione dell’appello determinava automaticamente la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza.
In tal guisa si giustificava l’impossibilità di procedere alla correzione materiale di una sentenza nel momento in cui essa veniva appellata: tutte le modifiche della stessa dovevano necessariamente seguire la “procedura maggiore”; in pendenza dell’appello la procedura di correzione degli errori materiali veniva dichiarata improcedibile.
Il cambio di paradigma sancito dalla Legge 353/1990 (che ha previsto come regola generale l’immediata esecutività della sentenza di primo grado nonché l’assenza di effetto sospensivo della proposizione dell’appello), ha determinato ad avviso della Consulta un mutamento del quadro normativo in cui si inserisce l’art. 287 c.p.c.; in seguito previsione generale dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, la proposizione dell’appello in un momento successivo all’istanza di correzione degli errori materiali, non determina l’improcedibilità di quest’ultimo, il quale può essere diretto a correggere una sentenza che, malgrado la proposizione dell’appello è già dotata di efficacia esecutiva. Impedire la correzione materiale di una sentenza già dotata di efficacia esecutiva sulla base del presupposto per cui sia stato proposto appello (che non sospende si ribadisce l’efficacia esecutiva della stessa) si traduce in una compressione del diritto ad agire esecutivamente della parte vittoriosa con conseguente lesione dell’art. 24 Cost..
La Consulta con tale pronuncia ha quindi sancito l’indipendenza dei due rimedi (correzione di errori materiali e appello), con la conseguenza per cui, il semplice fatto che la sentenza sia stata appellata non preclude la possibilità di proporre ricorso per la correzione di errori materiali ai sensi degli artt. 287 ss. c.p.c..
Nell’opinione tradizionale gli errori emendabili con il procedimento di cui agli artt. 287 ss. c.p.c. sono quelle omissioni o errori di fatto che si traducono in una divergenza fra il pensiero dell’organo giudicante e la sua trasposizione grafica. Non sono pertanto suscettibili di correzione ai sensi dell’art. 287 c.p.c. quegli errori che non sono ictu oculi evidenti ma che al contrario richiedono un’interpretazione di quanto il giudice va a statuire nella sentenza.
Tra di essi si può annoverare ad esempio, l’erronea indicazione del codice fiscale di una delle parti (Trib. Bologna 1° giugno 2023), la mancanza di indicazione della sentenza dell’intestazione “In nome del popolo italiano” o “Repubblica Italiana” (Cass. 22275/2022).
La nozione di errore materiale emendabile mediante semplice correzione è stata oggetto di un’interpretazione estensiva da parte della Corte di Cassazione.
Con sentenza n. 19299/2009, richiamando quanto stabilito dalle Sezioni Unite penali n. 7945/2008, secondo le quali «l’omissione di una statuizione obbligatoria di natura accessoria e a contenuto predeterminato non determina la nullità e non attiene a una componente essenziale dell’atto, onde ad essa può porsi rimedio con la procedura di di correzione di cui all’art. 130 c.p.p. », è stato statuito che può essere corretto con il procedimento di cui agli art. 287 ss. c.p.c. l’omessa pronuncia da parte del giudice di merito sulla mancata liquidazione in sentenza degli onorari degli avvocati in quanto essa riguarda una statuizione di natura accessoria.
Tale sentenza della Cassazione Civile introduce un criterio-guida importante: qualora la statuizione omessa dal giudice sia di natura accessoria, normativamente obbligata, e che richiede al giudice un’operazione meramente tecnico-esecutiva, l’omissione si traduce in un errore materiale emendabile ex art. 287 c.p.c..
Sulla scorta di tale sentenza si sono poste le Sezioni Unite Civili 16037/2010 che in tema di omessa pronuncia sulla distrazione delle spese, interpretando estensivamente la nozione di errore materiale hanno sancito che ricade nel suo ambito: «qualsiasi errore anche non omissivo che derivi della necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria consequenziale a contenuto predeterminato, oppure una statuizione obbligatoria di carattere accessorio anche se a contenuto discrezionale».
L’emendabilità dell’omessa statuizione sulle spese mediante il procedimento di correzione degli errori materiali di cui agli artt. 287 ss. c.p.c. è stato oggetto di un contrasto giurisprudenziale (in senso favorevole Cass. 16959/2014, Cass. 15650/2016 e Cass. 11215/2018 mentre in senso contrario Cass. 21109/2014 e Cass. 17221/2014) poi risolto in senso positivo dalle Sezioni Unite n. 16415/2018.
Tali Sezioni Unite valorizzano il percorso logico-argomentativo del collegio del 2009 poc’anzi richiamato, nonché delle Sezioni Unite Penali che vengono espressamente richiamate. Occorre quindi, valutare se la statuizione omessa sia meramente accessoria e si traduca in un’operazione tecnico-esecutiva; in caso di risposta affermativa l’eventuale omissione può ritenersi emendabile ex art. 287 c.p.c.. Le Sezioni Unite optano, per il considerare la liquidazione delle spese come «un’attività di carattere materiale volto a completare la statuizione» in quanto «consiste in uno svolgimento di un’operazione tecnico esecutiva da realizzare sulla scorta di presupposti e parametri oggettivi fissati dalla legge». Trattasi in realtà quello delle Sezioni Unite di un ritorno al passato in quanto già Cass. 52/1967 e Cass. 3007/1973 avevano statuito che l’omessa pronuncia sulle spese fosse un errore emendabile mediante correzione materiale della sentenza.
Il caso delle spese è paradigmatico perché la mancata pronuncia sulle stesse è un’omissione su una questione che, seppur qualificata come accessoria dalle Sezioni Unite, è comunque indefettibilmente connotata da un carattere di discrezionalità dell’organo giudicante che è chiamato alla loro quantificazione tra un parametro minimo e uno massimo.
Se un’omissione di tal guisa è ritenuta dalla giurisprudenza come un errore emendabile ex artt. 287 ss. c.p.c., a fortiori deve ritenersi applicabile tale rimedio all’omissione dell’ordine di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale contenuta nella sentenza che rigetta una domanda soggetta a trascrizione.
La statuizione sulla cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale è automatica e consequenziale al rigetto della domanda stessa ed è a contenuto predeterminato (se la domanda proposta soggetta a trascrizione è respinta il giudice ordinerà al conservatore la cancellazione della trascrizione).
La ricostruzione si qui operata è inoltre coerente con quanto già sancito dalla giurisprudenza di merito (Corte d’Appello Venezia, 06.08.1996, in Giur. It., I, 2, p.705, con nota di Sicchiero): «poiché la sentenza che rigetta la domanda giudiziale deve ordinare la relativa cancellazione dai registri immobiliari, qualora non contenga detto ordine può essere integrata con la procedura di correzione prevista dall’’art. 287 c.p.c.».
Detta sentenza, resa in “tempi non sospetti” al tempo in cui l’interpretazione estensiva ad opera della Cassazione della nozione di errore materiale non era ancora stata operata, porta ineluttabilmente a concludere per la correttezza della ricostruzione sistematica sin qui operata secondo cui per l’appunto, l’omissione dell’organo giudicante sulla cancellazione della trascrizione attiene ad un mero errore materiale emendabile ai sensi degli artt. 287 ss. c.p.c..
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