Contratto di mutuo solutorio, le Sezioni Unite aderiscono all’orientamento maggioritario
Cassazione Sezioni Unite 5 marzo 2025 n. 5841
Così si è espressa la Corte di Cassazione sul tema dei mutui solutori finalizzati all’estinzione di debiti pregressi:
«Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell’obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo»
Cassazione Civile, Sezioni Unite, 5 marzo 2025, n. 5841
Commento legale dei nostri esperti
Investite della questione concernente la qualificazione giuridica del “mutuo solutorio” le Sezioni Unite optano per la soluzione interpretativa già sposata dalla Giurisprudenza maggioritaria.
Il mutuo solutorio è quel particolare tipo di mutuo in cui le somme mutuate vengono utilizzate per ripianare i pregressi debiti che il mutuatario aveva nei confronti del mutuante.
La questione interpretativa verteva sulla possibilità di configurare la traditio, intesa come messa a disposizione giuridica delle somme oggetto del mutuo, requisito necessario affinché si potesse parlare di vero e proprio contratto di mutuo, stante la sua natura di contratto reale.
Due orientamenti sul punto si contrapponevano.
Quello maggioritario e più tradizionale, accolto anche dal Procuratore Nardecchia nella sua requisitoria scritta, sosteneva che l’utilizzo delle somme per ripianare i pregressi debiti costituiva un fatto successivo all’erogazione del mutuo che nulla aveva a che vedere con lo stesso. L’erogazione del “mutuo solutorio” determina un effetto purgativo di una posta negativa del patrimonio del mutuatario ma ciò attiene ad un accadimento successivo all’erogazione del mutuo stesso. Anzi, lo stesso effetto purgativo che si produce mediante successivo all’erogazione del mutuo, presuppone la traditio, intesa come messa a disposizione giuridica delle somme.
Un secondo orientamento minoritario invece, sosteneva che il mutuo solutorio dovesse essere inquadrato come un pactum de non petendo, in quanto l’erogazione delle somme di danaro determinavano l’effetto sostanziale di dilatare le scadenza dei debiti e quindi producevano una modificazione solo di elementi accessori del contratto. Tale modificazione non è idonea, affinché si possa parlare di novazione dell’obbligazione ai sensi dell’art. 1231 c.c.. Affinché si possa parlare di contratto di mutuo vero e proprio risulta necessario che il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità giuridica, che, nel caso di mutuo solutorio, difetta in virtù del fatto che l’erogazione delle somme di danaro si traduce in una mera “partita contabile”.
Il secondo orientamento nega di fatto che il mutuo solutorio possa essere qualificabile come un vero e proprio contratto di mutuo in quanto difetterebbe del requisito della traditio.
Le Sezioni Unite aderiscono, come detto, all’orientamento maggioritario ritenendo che la disponibilità giuridica delle somme da parte del mutuatario risulta confermata dalla modificazione della sua situazione economico patrimoniale, mediante la purgazione di una posta negativa nel suo patrimonio. Tale modificazione è un accadimento estraneo e successivo alla traditio e la presuppone. Costituisce circostanza indubitabile il fatto che, nel concreto atteggiarsi dell’operazione, la medesima si realizza mediante un’annotazione contabile: ciò non è però sufficiente a sminuire la portata di tale operazione al punto da determinare la non qualificazione del mutuo solutorio come un contratto di mutuo. Oggigiorno, in ragione della progressiva dematerializzazione del denaro, quasi tutti i trasferimenti dello stesso si riducono a mere annotazioni contabili. Ciò però non esclude che il passaggio della disponibilità liquida sussista e sia effettivo.
L’impostazione dell’orientamento minoritario che qualifica il mutuo solutorio come un pactum de non petendo omette inoltre di considerare che, empiricamente parlando, l’operazione non si riduce ad una semplice dilatazione della scadenza di pagamento ma è altresì accompagnata da modificazioni delle pattuizioni contrattuali (tassi di interesse, garanzia, periodicità). Qualificare il mutuo solutorio come un semplice pactum de non petendo è sminutivo del concreto atteggiarsi dell’operazione.
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